vendredi 6 mars 2020

Federico Pucci: il traduttore [elettro]-meccanico

Premessa

Dopo aver scritto, ad oggi, otto post su Federico Pucci e sulla sua invenzione, di cui soltanto uno in italiano, mi ero dovuto fermare per l'impossibilità di reperire altre informazioni, sia sul personnaggio che sulla sua invenzione.

Però era come fare il conto senza l'oste, e cioè la magia di Internet!

Il 20 maggio u.s. ho ricevuto una mail della ... nipote di Federico Pucci, commossa nell'aver scoperto che dopo quasi un secolo qualcuno s'interessava ancora a suo nonno!!!

Senza entrare nel dettaglio di questo incontro eccezionale, vi posso garantire che ne è seguito un scambio molto ricco e fruttuoso, grazie al quale oggi ne so molto di più sull'inventore e sul suo percorso, lungo, difficile e ... ancora incompiuto.

Non so tutto, ovviamente, anche perché c'è un'alone di mistero che circonda ancora la vita di Federico Pucci, compreso per la sua famiglia, ma ho avuto l'incredibile sorpresa di scoprire presso l'Archivio Centrale dello Stato l'esistenza di una corrispondenza tra l'inventore ed il CNR: trattasi di due lettere spedite da Federico Pucci (10 luglio 1949 e 17 ottobre 1950) e delle rispettive risposte del CNR, dieci giorni più tardi (20 luglio 1949 e 27 ottobre 1950).


Dopo aver ritrascritto il tutto (anche per poter farne una traduzione in francese), ecco il testo tale quale, che traccia in modo preciso i contorni del modo in cui Federico Pucci concepiva la questione della traduzione [elettro]-meccanica già dal 1930, assoluto precursore a livello mondiale di quello che chiamiamo, quasi 90 anni dopo, la traduzione automatica.

Questi documenti sono una miniera d'informazioni estremamente preziose sull'approccio di Federico Pucci, ancora totalmente sconosciuto ad oggi, purtroppo.

Anche se a volte il ragionamento può sembrare complesso, è del tutto autonomo e coerente, e mi ci vorrà un bel po' di tempo per analizzarlo in modo approfondito. Nel frattempo però, il testo di Federico Pucci basta a se stesso per sostenere la tesi alla quale teneva particolarmente, e cioè che rivendicava con forza e precisione l'anteriorità della sua invenzione!

Buona lettura.

* * *

Prima lettera di Federico Pucci al CNR, in data 10 luglio 1949

Protocollato CNR 008774 del 14 luglio 1949

Salerno, lì 10/07/1949
Onorevole Consiglio Nazionale delle Ricerche
Roma

Oggetto

Il cervello elettrico nordamericano per la traduzione delle lingue estere ed il traduttore elettro-meccanico italiano che parteciperà all’esposizione concorso d’invenzioni che avrà luogo dal 16 al 29 settembre a Parigi

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Mi onoro rassegnare a codesto Onorevole Consiglio quanto appresso:

Fin dal 1930 mi sono interessato del problema di permettere ai popoli di tradurre da una lingua all’altra conoscendo ciascuno solo la propria lingua.

Il problema in parola fu in realtà impostato nel 1616 dall’immortal filosofo e matematico germanico Goffredo Volfgango von Leibnitz. L’illustre studioso, partendo dalla constatazione del fatto che nell’Estremo Oriente, numerosi popoli comunicano fra loro a mezzo della scrittura ideografica cinese, cercò (egli che fu l’emerito fondatore della logica matematica) di ideare un sistema di scrittura ideografica che anziché ripetere le bizarrie e le illogicità della scrittura cinese, fosse fondato su criteri logico-matematici, e perciò potesse funzionare come scrittura internazionale per i nostri popoli. Tale studio che egli chiamò pasigrafia si dimostrò inindoneo allo scopo perché la matematica con le sue leggi inflessibili ed immobili non si presta ad imprigionare ostacoli in movimento, quali sono incontrovertibilmente presentati da quelle masse estremamente fluide che sono i linguaggi e che ricordano quasi le masse in movimento degli eserciti. Gli stessi errori commessi dal Leibnitz si riscontrono in tutte le circa 200 pasigrafie che seguirono, fra le quali vanno notate per la loro mole e per la grandiosità della concezione la Koblenzer Pasigraphie e quella del glottologo Bachmeyer, di Lipsia, di quella stessa Lipsia che aveva dato i natali all’eccelso Leibnitz.

Gli errori sono principalmente di carattere militare, giacchè, per rimanere alla similitudine fatta per le masse fluide dei linguaggi e le masse in movimento degli eserciti, non si accorse il Leibnitz che incorreva nell’errore commesso dal generale Carteau (sic) all’assedio di Tolone, volendo espugnare la piazza forte con un’arma inidonea come arma unica, ma efficiente solo se usata come arma complementare, la fanteria, dovendo quella principale esser costituita dall’artiglieria. Non si accorse che si trovava nelle condizioni del generale che vuole imprigionare l’esercito avversario mantenendo le proprie truppe immobili: questi sfuggono da ogni lato.

Non mi dilungherò su altri numerosi errori strategici e ne citerò uno linguistico ed uno matematico. Quello linguistico è costituito dal fatto che lo sviluppo storico delle lingue monosillabiche è non dirò diverso ma addirittura antitetico di quello delle flessive per quanto riguarda la formazione dei singoli linguaggi appartenenti ai due gruppi citati; inoltre, nelle monosillabiche, non potendosi apportare modificazioni sulla scrittura per evitare confusioni innumerevoli con altri ideogrammi, la scrittura ha funzionato anche come la scarpa di ferro che si poneva al piede delle cinesine per imporre loro un determinato limitato sviluppo, consegue che mentre nelle flessive si sono liberamente sviluppate risulta impossibile calzar loro la scarpa di ferro (scrittura ideografica) perché nelle monosillabiche è la lingua parlata che si è modificata sull’orma della scrittura, nelle flessive è la scrittura che si è modificata in base alle variazioni apportate dalle leggi delle abitudine fonetiche le quali hanno costituito la direttrice principale di formazione delle lingue derivate dalle primitive. L’errore matematico era il seguente: le lingue flessive non stanno come credeva il Leibnitz alle (ling) pasigrafie come le lingue monosillabiche stanno alla scrittura cinese, perciò il concetto di aspettarsi che la pasigrafia si dimostrasse idonea ad adempiere per le lingue flessive quella stessa funzione alla quale adempie la scrittura ideografica rispetto alle lingue monosillabiche è errato per erroneo impostamento della proporzione.

Mi pare che la strategia fosse la sola delle scienze umane atta ad imprigionare ostacoli in movimento, dovendo la matematica usarsi come arma complementare, anche perché la prima imprime al cervello quell’elasticità che solo può sopperire ad affrontare e risolvere questioni improvvise quali ne generano le masse delle lingue umane nel loro orientarsi sia reciproco che di fronte a schemi strategici o matematici, mentre la matematica sviluppa il cervello non nel senso elastico, ma in quello rigido, gli dà cioè una formazione opposta a quella necessaria.

Cercai di affrontare ex-novo il problema, realizzando i seguenti risultati che espongo facendo prima presenti quelli già controllati per esami o concorsi italiani e stranieri, poi quelli non ancora sottoposti ad esame.

Nel 1930 raggiunsi il primo risultato lanciando il primo Traduttore Meccanico Francese-Italiano, premiato all’Esposizione Nazionale di Bolzano del citato anno con medaglia d’argento indì con altra medaglia di argento di Cuneo.

Il problema per la traduzione lingua estera - lingua nazionale veniva risolto per lingue similari, a mezzo del completamento del vocabolario. E’ ovvio che la principale ragione che impediva la traduzione di un testo straniero era costituita dal fatto che i vocabolari delle lingue flessive non sono integrali come quelli delle monosillabiche, infatti registrano solo una delle voci usate nel parlare e nello scrivere, ciò che rende indispensabile un lungo studio della loro morfologia, a cui fa riscontro nelle lingue monosillabiche, affatto prive di morfologia, lo studio della scrittura e del modo in cui gli ideogrammi vanno ricercati nei vocabolari. È evidente che se i vocabolari, diciamo così europei, fossero integrali, come quelli cino-coreano-siamesi, se cioè non venissero registrati solo gli infiniti e i nominativi, ma tutte le variazioni a cui le flessioni costringono i vocaboli variabili, si otterrebbe con un semplice lavoro di ricerca nei dizionari e di trascrizione dei loro equivalenti nella propria lingua, la versione di un testo estero. La versione somiglierebbe a quella di un testo cifrato se si fosse in possesso del cifrario, ammesso che le diverse strutture mentali dei popoli, determinando nei singoli linguaggi delle funzioni logico-categoriche tanto più diverse quanto più diversi sono i linguaggi dall’uno dei quali vuolsi tradurre nell’altro. Ammesso cioè ad esempio un dizionario integrale italiano-francese tale che registri tutte le voci del tipo: vado, sarei, faglielo, dimmelo, graziosetto, bellissimo, cosuccia, la traduzione dall’italiano sarebbe per un francese cosa estremamente facile e non presenterebbe come ho detto altra difficoltà di quella presentata dalla versione di un testo cifrato ammesso che si sia in possesso del cifrario. Ora il primo passo che riuscì a fare nel 1930 fu quello di integrare, a mezzo del suo completamento, il dizionario normale, dando a quest’ultimo quella stessa funzione che avrebbe il dizionario integrale il quale registri tutte le voci usate nel parlare e nello scrivere; contemporaneamente presentai effettuato anche il secondo passo, consistente nel provvedere a mezzo del supplemento del vocabolario ai principali casi in cui le due lingue si esprimono in modo diverso; sicchè il completamento del vocabolario forniva la versione letterale, mentre il supplemento serviva a correggere la traduzione letterale in versione esatta.

Nel 1931, altro studioso italiano si interessava del problema con uno studio completamente errato, nel quale dimostra competenza linguistica ma la mancanza assoluta di ogni competenza matematica, non accorgendosi che le soluzioni che determinava erano sempre sbagliate. Non va pertanto preso in condizione considerazione per quanto nel 1936 abbia pubblicato altro lavoro nel quale corregge parte degli errori; inoltre lo studio che penso derivato dal mio manca di originalità e va, il secondo, preso in considerazione, solo perché dimostra eccellente conoscenza della lingua che tratta; nell’uno e nell’altro caso, l’altro ha trattato solo l’aspetto lingua estera - lingua nazionale, restando nell’ambito delle lingue romanze.

Intanto, nel 1931, mi riuscì anche affrontare e risolvere il problema per la traduzione dall’inglese in lingua romanza, facendo un primo passo verso la trattazione del problema della traduzione di una lingua di un gruppo a quella di un altro gruppo, l’inglese può infatti considerarsi per metà di derivazione germanica e per metà di derivazione romanza. Mi riusciva anche di risolvere il lato inverso del problema, per la traduzione della propria lingua in lingua estera, pubblicando il traduttore meccanico tipo B, per la traduzione in francese.

Nel 1936 mi riuscì finalmente di risolvere il problema per la traduzione da lingua germanica in lingue romanze e viceversa (serie A Lingua estera - lingua nazionale) e pubblicai il traduttore meccanico dal tedesco.

Precedentemente riuscì ad ottenere, previo esame da parte di codesto Onorevole Consiglio, l’ammissione alla prima mostra Internazionale delle Invenzioni che si tenne in quella che venne organizzata a Bari presso la Fiera del Levante, dopo che alla medaglia di argento presa all’Esposizione di Bolzano si era aggiunta quella di Cuneo.

Era stato pure fatto un passo avanti per quanto riguarda la traduzione A e precisamente pel complemento del vocabolario che viene portato a vocabolario supercomplemento nel senso che mentre prima veniva integrato il vocabolario da una lingua all’altra, or veniva integrato quello della da una lingua in qualunque altra; tale studio è premiato con medaglia d’argento all’esposizione concorso internazionale d’invenzioni tenuto dalla fiera di Parigi nel 1935.


L’altro studioso per il quale un giornale italiano pubblicò un elenco di plagi da lui commessi nello studio adito nel 1936 mostrò di ignorare completamente i progressi compiuti dallo scrivente dal 31 al 36, e perciò io gli mandai perché si mettesse al corrente le pubblicazioni da me edite nel contempo, in quanto sembravami che egli fosse a conoscenza solo di quello che avevo pubblicato nel periodo 1930-1931.

Comunque gli studi di tale altro studioso sono del tutto privi di valore scientifico per quanto riguarda il problema citato, tanto più che non ha fatto più seguito ed io lo faccio presente non perché quello che egli ha edito abbia una qualsiasi importanza nei confronti del problema, ma perché in considerazione degli studi nordamericani che oggi vengono annunziati servono a confermare la priorità italiana circa il problema della traduzione dalle lingue estere senza conoscerle, mentre per quanto riguarda quello inverso (lingua nazionale-lingua estera) chi scrive è il solo che abbia trattato la questione (l’altro italiano ha trattato nel piano librario l’aspetto lingua estera-lingua nazionale, lo stesso aspetto tratta il cervello elettrico nordamericano, la cui messa in funzione è annunziata per il 1950 e per il quale il Ministero della Marina degli Stati Uniti ha stanziato una somma ingente.

Proseguendo nella esposizione, devo dire che nel 1936, mi fu acconsentito anche di partecipare alla Esposizione di Lipsia, tuttavia la Mostra Internazionale delle Invenzioni che si tenne in quella città, pur apprezzando i miei studii e pur riconoscendo loro carattere inventivo non volle accettarla per la Mostra perché data l’originalità dell’invenzione, che trovavasi ad essere la sola ad esser racchiusa in libri, la legge tedesca non prevedeva la brevettabilità, cosa che invece prevedeva la legge francese che tanto che mi venne rilasciato breveto provvisorio. In considerazione dell’interesse che il pubblico tedesco aveva a conoscere l’innovazione, l’ente Fiera di Lipsia si curò di ottenermi l’ammissione ad altro riparto, dandomi speciali facilitazioni.

Poi viene la guerra e lo scrivente cerca di spostare i propri studii nel piano militare, riesce infatti a creare i traduttori meccanici C e D, che trasportano il problema nel piano meccanico e cercano di costituire una lingua nuova a formazione meccanica, l’apparecchio C funzionante come trasmittente, il D come ricevente; dovevano partecipare alla Mostra della Tecnica del 1940; tuttavia il Ministero della Guerra oppose il proprio veto alla partecipazione stessa, io venni chiamato a Roma per chiarimenti sulla invenzione; questa fu riconosciuta esatta ed io venni autorizzato a costruire l’apparecchio a spesa dello stato per i primi esperimenti, in quanto avevo fatto presente la mia incapacità finanziaria di costruirli. Venni naturalmente obbligato a serbare il silenzio. Tuttavia non essendo io meccanico pensai che per costruire l’apparecchio avrei dovuto avvalermi dell’opera di terzi, i quali avrebbero potuto non serbare il segreto; non volli correre rischi e declinai l’incarico abbandonando l’invenzione nelle mani del Ministero della Guerra perché ne facesse l’uso che riteneva opportuno.

Non varrebbe la pena di citare tali traduttori meccanici C e D se non avessero relazione con il problema della traduzione elettrica, alla quale oggi pensano gli americani ed alla quale non avrei mai pensato se non si fosse verificata la circostanza appresso indicata.

Durante la ritirata germanica da Salerno ho avuto l’occasione di esaminare una macchina militare germanica, denominata “Enigma” (il nome era scritto sull’apparecchio); la medesima presentava gli stessi principi su cui era imperniato il Traduttore cifrario C-D; essi erano però non soltanto perfezionati, ma il problema che io avevo risolto nel piano meccanico risultava trasportato nel piano elettrico. A causa degli eventi bellici non potetti esaminare l’apparecchio tedesco che per qualche minuto; tuttavia potrei descriverlo all’ingrosso, mettendolo in relazione coi i miei traduttori meccanici C e D.

Durante la guerra riuscì ad elaborare uno studio che denominai Traduttore-Meccanico E il quale mediante il sistema delle ascisse e delle ordinate cartesiane riusciva a poter determinare prima la lingua in cui era scritto il testo originario, per i valori delle singole lettere, purché il testo originario fosse scritto col sistema delle sostituzioni letterali costanti.

Ebbi occasione di applicarlo all’ufficio censura ove provvidi per parecchie prefetture alla traduzione di documenti così redatti, oltre naturalmente ad interessarmi della censura della corrispondenza in lingue estere che perveniva da numerose prefetture italiane, e per talune lingue da tutta l’Italia.

Nel 1942 riuscì a realizzare l’analisi grammaticale automatica, studio approvato da codesto Onorevole Consiglio delle Ricerche (parere n° 11095 del 30/10/1942).

Va notato che i traduttori meccanici rendevano soltanto possibile la traduzione, ma questa era estremamente lenta, in quanto richiedevasi l’uso costante del vocabolario e la possibilità data era semplicemente quella di mettere chiunque nella stessa condizione in cui si troverebbe chi conoscesse tutte le grammatiche straniere, ma nessun vocabolo. La traduzione, adunque, nei due casi: lingua estera-lingua nazionale e lingua nazionale-lingua estera presentavasi simile al lavoro che bisognerebbe compiere trovandosi a dover tradurre un testo cifrato, essendosi in possesso del cifrario. È appunto partendo da tale considerazione che cercai di applicare i miei studii ai cifrari (traduttori meccanici C e D).

Ignoro se per lo Stato italiano possa avere interesse la macchina germanica “Enigma” che sia essa sorta in conseguenza dei miei studii, traduttori meccanici C e D, sia essa originale. Trovasi comunque a poter essere ricostruita sia pure in parte od in modo diverso, essendo possibile riottenere quel passaggio dallo stato meccanico a quello elettrico che trovasi ad essere già stato realizzato dai tedeschi con la macchina “Enigma”.

Sono comunque i tedeschi che hanno per primi realizzato la traduzione elettrica (fra il 1940 e il 1943) probabilmente derivandola dalla mia traduzione meccanica C e D. Il passaggio dallo stato meccanico a quello elettrico (il fatto se tale passaggio sia stato o no originato dai miei studii non ha alcun valore pratico) ha valore rispetto alla ideazione del cervello elettrico nordamericano oggi annunciato, dopo che io ho annunciato la traduzione elettromeccanica italiana.

Fra il trasporto nel piano elettrico effettuato dai tedeschi e quello che annunciano gli americani passa una differenza fondamentale, che è la seguente: per i germanici, come per i miei traduttori meccanici, il problema è quello di applicare sostituzioni letterali su una stessa lingua in base alle leggi matematiche determinate dal calcolo delle probabilità: il problema è perciò solubile secondo concetti fisico-matematici in modo integrale, in quanto il fattore linguistico con tutta la sua fluidità non ha influenza sul problema stesso e però non si verifica l’errore leibnitziano essendo l’arma fisico-matematica l’unica necessaria e sufficiente per la soluzione integrale del problema, da me risolto nel piano teoretico-meccanico e dai tedeschi in quello elettrico.

Il cervello elettrico annunciato dagli americani riflette invece il problema della traduzione della lingua estera in quella nazionale e perciò ricadono nell’errore leibnitziano in quanto la matematica con i suoi schemi e le sue leggi inflessibili è inidonea a seguire le evoluzioni fluidissime di linguaggi, in quanto penso che gli americani come già il Leibnitz e gli altri studiosi che lo seguirono non si prospettarono come si presentano i singoli linguaggi rispetto ad un sistema rigido matematico, costituito dalla scuola germanica cui diè origine il Leibnitz dalla pasigrafia e dagli americani dalla teoria della moltiplicatrice automatica spostata sul piano linguistico (pur non avendo conoscenza di ciò che hanno fatto gli americani perché renderano pubblici i risultati nel 1950, posso benissimo calcolarlo in linea approssimativa, in base a quanto hanno pubblicato i giornali:

Rilevo dal “Giornale del 31 maggio” il seguente articolo:

Le Invenzioni sorprendenti”: Los Angeles 31/05/1949

Il dott. Harry Huskey, addetto alle ricerche presso l’Istituto per i calcoli analitici ha annunziato l’invenzione di un cervello elettrico capace di tradurre le lingue straniere.

Sul funzionamento dell’apparecchio che in un primo tempo veniva impiegato nelle ricerche matematiche, lo scienziato ha dichiarato: Perché riesca a tradurre le lingue, queste devono essere scritte a macchina. L’ufficio per le ricerche navali ha già stanziato una considerevole somma di danaro per la costruzione del cervello.

Il dott. Huskey è sicuro del perfetto funzionamento della meravigliosa macchina la quale darà une traduzione letterale, parola per parola, e sarà poi cura di chi la usa interpretare il senso della traduzione.

Il cervello elettrico verrà messo alla prova entro un anno al più.

Emerge da quanto sopra chiaro che il problema affrontato dal cervello elettrico è quello e solo quello, della traduzione dalla lingua estera nella nazionale, come lascia comprendere la frase “e sarà poi cura di chi la usa interpretare il senso della traduzione.” Emerge anche chiaro che gli americani, come ho detto, sono ricaduti nell’errore del Leibnitz consistente nel non prospettarsi come si presentano i singoli linguaggi rispetto a determinai schemi rigidamente matematici, in quanto specialmente per lingue di diversa origine la traduzione letterale riesce affatto incomprensibile. L’apparecchio americano pel suo altissimo costo non è inoltre di utilità commerciale.

Si è intanto verificato questo fatto. Chi scrive si era negli anni scorsi prospettato il problema di rendere rapida quella traduzione che precedentemente era riuscito a rendere possibile, ma estremamente lenta. Devo ricordare che sono il solo che abbia finora affrontato anche il problema della costruzione diversa dei periodi (anche l’altro studioso italiano affrontò solo e male il solo aspetto del problema considerato dagli americani: traduzione letterale dalla lingua estera) nonché e ciò è importante quello della traduzione dalla lingua nazionale nella straniera (Traduttori meccanici B) che previo esame da parte di codesto Onorevole Consiglio, parteciparono alla mostra nazionale delle Invenzioni tenutasi a Bari nel 1934. Affrontai anche il problema della traduzione elettrica, cercando di riverberare nel piano della traduzione da una lingua all’altra quel trasporto nel campo elettrico che i germanici erano riusciti a conseguire nel piano della traduzione da una determinata lingua in testo cifrato con sostituzioni letterali ricavate, come avevo fatto nel piano teorico-meccanico, dall’applicazione delle leggi matematiche relative al calcolo delle probabilità.

Ricavai così il Traduttore Dinamo-Meccanico in tre studii: il primo librario consistente in un prospetto da rendere possibile la traduzione con l’aiuto del vocabolario (al quale bisogna ricorrere non più costantemente ma nel 15% dei casi per lingue similari, nel 40 per lingue di diversa origin e pubblicai tale Traduttore Dinamo-Meccanico fra marzo e aprile in due edizioncine ad uso degi italiani (francese-italiano ed inglese-italiano ed in una ad uso dei francesi “anglais-français”) facendo cenno nelle due ultime pubblicazioni alla traduzione dinamo-meccanica integrale ed a quella elettromeccanica già realizzata. Mandai le pubblicazioni con raccomandata al Presidente degli Stati Uniti, sperando in un appoggio per la costruzione degli elettro-traduttori. Dopo 20 giorni ho letto sul giornale l’avviso che ho riportato. Ignoro se il Presidente degli Stati Uniti abbia mandato lo studio per l’esame all’ufficio massimamente competente (Calcoli analitici) e se questo che già aveva precedentemente realizzato il cervello elettrico matematico abbia potuto subito operare il trasporto sul piano elettrico della mia teoria, andando avanti per proprio conto oppure se vi siano giunti direttamente senza aver conoscenza dei miei studii.

Il secondo stadio della traduzione dinamo-meccanica introduce il principio del movimento dei vocaboli, è un libro macchina in cartone in cui i vocabili saltano fuori in base a movimenti impressi dalla mano dell’uomo: nel terzo stadio (elettro-meccanico) il cartone è sostituito dal metallo ed i movimenti anziché essere impressi dalla mano dell’uomo sono effettuati dall’elettricità.

La traduzione dinamo-meccanica nei suoi tre stadi è stata accettata per la partecipazione all’esposizione concorso internazionale di invenzioni che la Fiera di Parigi apre il 16 settembre.

La traduzione elettromeccanica italiana precede perciò nella sua divulgazione al pubblico di un anno quella nordamericana.

Va notato che la Mostra d’Invenzioni di Parigi acetta le invenzioni anche sotto forma di disegni, limitandosi a controllare l’esattezza delle teorie ivi esposte.

E’ pertanto in corso di rilascio certificato di garanzia da parte dell’Ufficio della proprietà industriale di Parigi a favore dello scrivente.

Va notato che lo scrivente ha dichiarato di aver realizzato il passaggio allo stato elettrico del problema della traduzione lingua nazionale-lingua estera, riservandosi di presentare il tutto pel prossimo anno alla stessa mostra parigina.

Si è inoltre riservato ogni diritto per accertare se e fino a quale punto è possibile innestare la possibilità della traduzione elettrica dalla propria lingua in una qualsiasi lingua straniera con la teoria della telescrivente, nonché con la possibilità di applicazione ad apparecchi fonici, col risultato che dovrà potersi un giorno scrivere su un apparecchio nella propria lingua ottenendo la traduzione oltre che scritta anche parlata all’estero. In considerazione del fatto che il problema investito è colossale (non sotto il punto di vista fisico-matematico elettrico, ma sotto il punto di vista linguistico in quanto la difficoltà fondamentale è quella a cui sono finora sfuggiti tutti [Leibnitz e seguaci, altro studioso, italiano, americano] e consistente nell’accertare la diversa posizione in cui si trovano i singoli linguaggi rispetto a schemi e leggi rigide quali sono quelle fisico-elettrico-matematiche, provvedendo alla eliminazione di almeno la parte maggiore delle difficoltà stesse) ha chiesto l’esame preventivo di uno studio linguistico abbastanza vasto in quanto abbraccerebbe una quarantina di linguaggi, giacché pensa che l’esame per essere sereno non potrebbe che essere ponderato in base alle considerazioni emergenti dalla posizione che i singoli linguaggi assumono sia reciprocamente che nei riguardi dei citati schemi fisico-elettrico-matematici.

Non sa se sarà accontentato in ogni modo ritiene opportuno portare quanto sopra a conoscenza di codesto Onorevole Consiglio, al quale si permette far presente 1°) che la somma ingentissima messa a disposizione dal Governo Statunitense per la costruzione del cervello elettrico, benché di uso non commerciabile, inidoneo allo scopo, e solo relativo alla traduzione lingua estera-lingua nazionale, 2°) che per la costruzione dei traduttori elettromeccanici italiani occorrerebbero poche decine di migliaia di lire e non miliardi di dollari, 3°) che gli apparecchi elettro-meccanici italiani sarebbero di costo limitato, potrebbero essere costruiti in serie anche per l’estero e potrebbero forse costituire un apporto allo stato molto superiore alla spesa che arrecherebbero. Lo scrivente crede certamente che con la collaborazione di forti competenze elettromeccaniche italiane riuscirà possibile in un avvenire non lontano realizzare anche la possibilità di scrivere a macchina in Italia e di ottenere la traduzione all’estero sia scritta che parlata.

[Omissis]

Federico Pucci (Piazza Malta 3)



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Prima risposta del CNR datata 20 luglio 1949

Risposta del CNR / 20 Luglio 1949 / (Prot.) 8774

In relazione al suo esposto in data 10 corr., si fa presente che la sua ideazione, riguardante “il traduttore elettro-meccanico italiano”, può essere sottoposta all’esame dell’Istituto Nazionale per l’Esame delle Invenzioni, passato dalle dipendenze di questo Consiglio a quelle del Ministero dell’Industria e del Commercio (Roma, Via S. Basilio 8).

Ella può quindi rivolgersi al predetto Istituto presentando progetti tecnicamente definiti e convenientemente illustrati, atti a consentire la formulazione di un parere di merito, che, se favorevole, può consentire l’assistenza opportuna per lo sviluppo del ritrovato.

Il Presidente / F.to Rolla

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Seconda lettera di nonno Federico al CNR datata 17 ottobre 1950

Protocollato 7 / 19 ott. 1950

Salerno, lì 17/10/1950
Onorevole Consiglio Nazionale delle Ricerche
Roma

Al n° Pos. 7 Prot. 8774 del 20 luglio 1949

Il sottoscritto, mentre ringrazia per la comunicazione di cui alla nota a riferimento, si onora far rispettosamente presente che, mentre iniziò fin dal luglio 1949 la pratica con l’Onorevole Istituto Nazionale delle Invenzioni, in seguito ad alcuni disegni esposti dallo scrivente alla Mostra delle Invenzioni di Parigi (settembre 49) altri due studiosi, uno inglese ed un altro italiano hanno derivato invenzioni sviluppando concetti che furono colà esposti.

L’Istituto delle Invenzioni sembra essere del parere che mentre allo scrivente resta la priorità scientifica dell’Invenzione (avendo rintracciato pratica n° 11095 nella quale l’Istituto stesso approvava l’invenzione dello scrivente, tuttavia essendo essa costituita da un libro e non da una macchina, riteneva che non potesse essere brevettato, 12 dicembre 1942) la proprietà dell’invenzione sia di chi la abbia brevettata (gennaio 1950).

La tesi del sottoscritto è che poiché tutte le altre invenzioni sono derivate dalla invenzione basilare che risolveva il problema nel piano linguistico-matematico(*), il nuovo inventore resta proprietario della invenzione derivata, giacchè nella propria domanda di brevetto ha dovuto specificare quello che rivendicava di nuovo, è evidente che a norma di legge, poiché ha utilizzato tutta l’invenzione basilare, quella cioè contenenti le soluzioni linguistico-matematico che non ha potuto appropriarsi delle medesime, le ha tuttavia potuto usare perché lo stato non volle rilasciare brevetto al sottoscritto. Se poi ha rivendicato come nuovo e proprio quello che lo stato riconosce essere dal sottoscritto male ha fatto e bisognerebbe rivedere il suo brevetto. Ad ogni modo sembra al sottoscritto che lo stato non possa impedire all’inventore principale di continuare per la sua strada, derivando invenzioni direttamente da quella che fondamentalmente è tutta sua, percorrendo un cammino del tutto originale che conduce a risultati superiori, oltre che esatti, mentre quelli altrui non lo sono.

Il nuovo inventore resta proproetario della sua invenzione derivata (ed è ciò) e lo scrivente, che ha le priorità scientifica, ha il diritto di brevettare il suo trovato, che percorre il sentiero principale e tutte le successive evoluzioni, tanto più che chi scrive altro non fa che mettere in movimento le pagine di quello stesso libro che realizzava l’invenzione fondamentale.

Lo scrivente nella propria domanda di brevetto per la parte non elettrica, che ha rimesso, previo accordi, all’Onorevole Accademia Universale Autori ed Inventori, Roma, Via della Conciliazione 4, perché venisse inoltrata all’Ufficio Brevetti, ha esibito anche un certificato di garanzia attestante la sua partecipazione alla Mostra d’Invenzioni di Parigi del 1935.

Siccome partecipò nel 1934 alla Mostra Nazionale delle Invenzioni, tenutasi alla Fiera del Levante, previo esame da parte di codesto Onorevole Consiglio, chiede, a rinforzare la propria priorità scientifica, se è possibile trovare agli atti del Consiglio tracce dell’esame in cui veniva approvato il Traduttore meccanico, l’invenzione per tradurre le lingue senza conoscerle, avendo chi scrive ricevuto, a suo tempo, il solo avviso dell’avvenuta approvazione, senza specificare il trovato.

Nel chiedere scusa pel fastidio, ringrazia in anticipo.

Federico Pucci, Piazza Malta 3 - Salerno

(*) le macchine ideate sia dallo scrivente che dagli altri altro non fanno che accelerare la possibilità traduttrice, la quale è stata interamente ed unicamente realizzata dallo scrivente, e tutte le macchine riproducono integralmente l’invenzione che non si volle brevettare nel 1942 a chi scrive, pur riconoscendola esatta.

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Seconda risposta del CNR datata 27 ottobre 1950

Risposta del CNR / 27 ottobre 1950

Segreteria generale
Prot. 011094 / 19 ott. 1950

Con riferimento alla sua lettera del 17 corr., si ripete che l’Istituto Nazionale per l’Esame delle Invenzioni è passato da tempo alle dipendenze del Ministero dell’Industria e del Commercio con tutto il proprio archivio.

Per quanto ella richiede con la citata lettera, deve perciò rivolgersi direttamente al predetto Istituto.

Il Presidente / F.to Morelli

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Ecco adesso la mia traduzione in francese


Préambule

Après avoir publié mes huit premiers billets sur l'incroyable découverte de Federico Pucci, j'avais été coupé dans mon élan par le manque absolu d'informations supplémentaires, à la fois sur le personnage et son invention. C'était sans compter sur la magie d'Internet !

Le 20 mai dernier, je reçois un courriel de ... la petite-fille de M. Pucci, émue de découvrir que près d'un siècle plus tard, quelqu'un s'intéressait encore à son grand-père !!!

Je vous passe les détails, mais je peux vous assurer que cette rencontre exceptionnelle a donné lieu à de très nombreux échanges fructueux, et qu'aujourd'hui j'en sais beaucoup plus sur l'inventeur et sur son cheminement, long, difficile et ... encore inachevé !

Je ne sais pas encore tout, loin de là, car une aura de mystère entoure toujours la vie de M. Pucci, y compris pour sa famille, mais l'une des principales surprises a été de retrouver auprès des Archives centrales de l'état italien l'existence d'une correspondance entre l'inventeur et le Conseil National des Recherches (CNR), équivalent italien de notre CNRS : il s'agit de deux lettres envoyées par M. Pucci (les 10 juillet 1949 et 17 octobre 1950) et des réponses respectives du CNR, dix jours plus tard (les 20 juillet 1949 et 27 octobre 1950).



Je vous donne ici la traduction française de ces textes, dont vous pouvez lire les originaux italiens retranscrits sur Adscriptor (ou en première partie de ce billet). C'est le texte brut, qui trace le contour précis de la façon dont M. Pucci a envisagé le problème de la traduction [électro]-mécanique dès 1930, précurseur absolu au niveau mondial de ce que nous appelons près de 90 ans plus tard la traduction automatique.

Ces documents sources sont un gisement extrêmement précieux sur l'approche de Federico Pucci, totalement inconnu(e) jusqu'à présent.

Parfois un peu ardus dans la description, ils sont livrés tels quels, car se suffisant à eux-mêmes, et d'une grande cohérence dans la tenue du raisonnement. Dont le but avoué est de revendiquer avec force et précision l'antériorité de son invention. Mon analyse suivra...

Bonne lecture.

* * *

Premier courrier de Federico Pucci au CNR, daté 10 juillet 1949

Protocole CNR n° 008774 du 14 juillet 1949

Salerne, le 10/07/1949
Attention Conseil National des Recherches
Rome

Objet
Cerveau électrique nord-américain pour la traduction des langues étrangères et traducteur électromécanique italien participant à l'exposition-concours d’inventions qui se tiendra du 16 au 29 septembre 1949 à Paris

                ---

J’ai l’honneur de soumettre au présent Conseil ce qui suit.

Dès 1930, je me suis intéressé à la question de permettre aux gens ne connaissant que leur propre langue de traduire d'une langue à l’autre.

La problématique en question avait déjà été posée en 1616 par l'immortel philosophe et mathématicien allemand Gottfried Wolfgang (sic) von Leibnitz. En partant de la constatation du fait qu’en Extrême-Orient de nombreux peuples communiquent entre eux au moyen de l'écriture idéographique chinoise, notre illustre savant tenta (lui qui fut le fondateur émérite de la logique mathématique) de concevoir un système d'écriture idéographique qui ne reproduirait plus les bizarreries et les illogismes de l'écriture chinoise, mais plutôt fondée sur des critères logico-mathématiques et qui pourrait donc faire office d’écriture internationale pour nos peuples. Cette étude, qu'il nomma pasigraphie, s’avéra inadaptée au but recherché, car les mathématiques et leurs lois inflexibles et immobiles ne se prêtent pas à emprisonner les obstacles en mouvement que présentent inéluctablement des masses extrêmement fluides comme les langues, qui ne sont pas sans évoquer ces autres masses mobiles que sont les armées. Les mêmes erreurs commises par Leibnitz caractérisent les quelques 200 pasigraphies qui ont suivi, parmi lesquelles il convient de noter, par leur taille et leur conception grandiose la pasigraphie de Coblence (Koblenzer Pasigraphie) et celle du linguiste de Leipzig, Bachmeyer (sic), cette même Leipzig qui a donné naissance à l’excellent Leibnitz.

Les erreurs sont essentiellement de nature militaire, étant donné que, pour rester dans notre analogie entre masses fluides des langues et masses en mouvement des armées, Leibnitz ne s'est pas rendu compte qu’il commettait la même erreur que le général Carteau (sic) lors du siège de Toulon, qui voulut prendre d'assaut une ville fortifiée avec une arme inadaptée lorsqu’elle est employée seule, l'infanterie, car efficace uniquement lorsqu’elle est utilisée en complément, l’arme principale étant constituée par l'artillerie. Il n'a donc pas remarqué qu'il était dans les mêmes conditions que le général voulant emprisonner les troupes adverses en laissant immobile sa propre armée : celles-ci s’échappent par tous les côtés.

Je n'insisterai pas sur nombre d’autres erreurs stratégiques et me contenterai de mentionner une erreur linguistique, et une erreur mathématique. L’erreur linguistique consiste en ce que l’évolution historique des langues monosyllabiques n’est pas seulement différente mais carrément opposée – oserais-je dire – à celle des langues flexionnelles pour ce qui concerne la formation des langues individuelles appartenant aux deux groupes mentionnés ; par ailleurs, dans les langues monosyllabiques, du fait de l’impossibilité d'apporter des modifications à l'écriture pour éviter un nombre incalculable de confusions avec les autres idéogrammes, l'écriture a également fonctionné comme les sabots de fer enserrant les pieds des jeunes chinoises afin d’en limiter le développement ; il en résulte que les langues flexionnelles s’étant développées librement, il est impossible de leur faire chausser ce sabot de fer (l’écriture idéographique), car dans les langues monosyllabique c’est la langue parlée qui a évolué dans le sillage de la langue écrite, alors que dans les langues flexionnelles c’est l'écriture qui a été modifiée en fonction des modifications introduites par les lois de l'usage phonétique, qui ont constitué le principal axe directeur de formation des langues provenant des langues primitives. L'erreur mathématique est la suivante : les langues flexionnelles ne sont pas aux pasigraphies ce que les langues monosyllabiques sont à l'écriture chinoise, comme le croyait Leibnitz, et par conséquent il est faux d’espérer que les fonctions d’une pasigraphie s’appliquent aux langues flexionnelles de la même manière que les fonctions d’une écriture idéographique s’appliquent aux langues monosyllabiques ; les proportions varient et le dosage n’est pas le bon.

Il me semble donc que l’unique stratégie adaptée serait celle des sciences humaines, la seule susceptible d'emprisonner des obstacles en mouvement, et que les mathématiques ne devraient être utilisées que comme arme complémentaire, les premières étant en mesure de communiquer au cerveau l’élasticité nécessaire pour aborder et résoudre les problèmes inattendus que ne cessent de générer les masses des langues humaines autant dans leur orientation mutuelle que face à des modèles stratégiques ou mathématiques, tandis que les mathématiques forment certes le cerveau, mais dans un sens rigide et non pas élastique, un type de développement opposé à celui qu’il faudrait.

J'ai donc tenté d'aborder la question sous un angle entièrement nouveau en obtenant les résultats suivants, que j’expose d’abord en partant de ceux déjà examinés dans le cadre de contrôles ou de concours italiens et étrangers, puis en passant à ceux qui n’ont fait l’objet d’aucun examen.

J’ai obtenu un premier résultat en 1930, en lançant le premier Traducteur mécanique français-italien, primé par une médaille d'argent à l'Exposition nationale de Bolzano de cette année-là, puis plus tard par une deuxième médaille d'argent à Cuneo.

J’ai donc résolu le problème de la traduction langue étrangère - langue nationale pour des langues similaires, en ayant recours au complément du vocabulaire. Il est clair que le principal obstacle empêchant la traduction d'un texte étranger consiste en ce que le vocabulaire des langues flexionnelles n’est pas, comme pour les langues monosyllabiques, un vocabulaire intégral qui enregistre uniquement les entrées utilisées pour écrire et parler, d’où la nécessité d’étudier longuement leur morphologie ; à l’inverse, pour les langues monosyllabiques, qui sont sans morphologie, ce sont l'écriture et la façon dont il faut rechercher les idéogrammes dans le vocabulaire qui doivent être étudiées. Il est évident que si le vocabulaire des langues, disons européennes, était intégral, comme pour les vocabulaires sino-coréens siamois, et n’enregistrait pas seulement les formes à l'infini et nominatives mais aussi toutes les variations que les flexions imposent aux mots variables, la version d'un texte étranger pourrait être obtenue simplement en recherchant les termes dans le vocabulaire et en transcrivant leurs équivalents dans sa propre langue. La version ressemblerait à celle d'un texte chiffré dont l’on connaîtrait la clé de chiffrement, en admettant que les différentes façons de penser des peuples déterminent dans chaque langue des fonctions logico-catégorielles d’autant plus diverses que sont diverses la langue source et la langue cible devant faire l’objet de la traduction. Supposons par exemple un dictionnaire italien-français intégral enregistrant toutes les entrées telles que : vado (je vais), sarei (je serais), faglielo (fais-le lui), dimmelo (dis-le moi), graziosetto (très agréable), bellissimo (bellissime), cosuccia (petite chose), la traduction de l’italien au français serait très facile et ne présenterait pas plus de difficulté que pour traduire un texte chiffré en ayant la clé de chiffrement. Donc la première étape à laquelle je suis parvenu en 1930 fut de compléter le dictionnaire standard en lui donnant la même fonction qu’aurait un dictionnaire intégral enregistrant toutes les entrées utilisées pour parler et pour écrire ; dans un même temps, je suis passé à l’étape suivante en fournissant un supplément de vocabulaire pour les principaux cas où les deux langues s’expriment différemment, de sorte que le vocabulaire complet fournissait la version littérale et le supplément permettait de corriger en remplaçant la traduction littérale par la version exacte.

En 1931, un autre chercheur italien s’est intéressé à la question mais en produisant une étude totalement inexacte, dans laquelle il faisait preuve de compétence linguistique mais aussi d’une absence absolue de compétence mathématique, sans se rendre compte que les solutions proposées étaient toujours erronées. Inutile donc de la prendre en considération, quand bien même il publia en 1936 un autre ouvrage pour corriger quelques-unes de ses erreurs ; de plus, l'étude en question, dont j’estime qu’elle découlait de mes travaux, manquait d'originalité, même si cette deuxième édition démontrait une excellente connaissance de la langue traitée ; mais dans les deux cas, cet autre chercheur n’a abordé que l’aspect langue étrangère - langue nationale, tout en restant dans la sphère des langues romanes.

Pendant ce temps, toujours en 1931, j’ai pu aborder et résoudre le problème de la traduction de l'anglais vers une langue romane, en franchissant une première étape pour traiter la question de traduire une langue d'un groupe vers une langue d’un autre groupe, car de fait l’anglais peut être considéré à moitié de dérivation germanique et à moitié de dérivation romane. J’ai aussi pu attaquer et résoudre le côté inverse du problème, à savoir la traduction de ma propre langue vers la langue étrangère, en publiant le traducteur mécanique de type B pour la traduction en français.

Enfin, en 1936, j’ai pu résoudre le problème de la traduction de la langue allemande vers les langues romanes et vice-versa (série A, langue étrangère - langue nationale) et publié le traducteur mécanique de l'allemand.

Auparavant j’avais pu être admis, après examen de la part du présent Conseil, à la première exposition internationale des inventions qui fut organisée à la Foire du Levant à Bari, après avoir remporté deux médailles d'argent, une à Bolzano et l’autre à Cuneo.

J’avais également été en mesure de faire un pas en avant pour la traduction de type A, précisément en complétant le vocabulaire pour en faire un supercomplément, en ce sens que là où l’on complétait initialement le vocabulaire de 1 à 1, c’est-à-dire d'une langue à une autre, il était à présent possible de le compléter de 1 à n, soit d’une langue vers les autres ; cette étude fut primée par une médaille d'argent à l’exposition-concours internationale des inventions de la foire de Paris, en 1935.




Quant à l'autre chercheur, à propos duquel un journal italien avait publié une liste de plagiats commis dans son étude datée de 1936, il montra qu’il ignorait complètement les progrès réalisés par le soussigné de 1931 à 1936, raison pour laquelle je lui ai adressé les publications que j'avais éditées entre-temps, juste pour l’en informer tellement j’étais convaincu qu’il s’était arrêté à ce que j'avais publié entre 1930 et 1931.

Quoi qu’il en soit les études de cet autre chercheur sont totalement dépourvues de valeur scientifique par rapport au problème susmentionné, d'autant qu'il n’a plus donné suite, mais si je les cite ici, ce n’est pas parce qu’elles eurent une importance quelconque au vu du problème, mais uniquement parce que, en considération des études nord-américaines annoncées aujourd'hui, elles servent à confirmer l’antériorité italienne sur le problème de la traduction des langues étrangères sans les connaître ; en revanche, pour ce qui est du problème inverse (langue nationale - langue étrangère), le soussigné est le seul ayant abordé la question (l'autre italien n’ayant traité que de façon livresque l’aspect langue nationale - langue étrangère, ce même aspect qui est pris en charge par le cerveau électrique nord-américain, dont la mise en fonction est annoncée pour 1950, et pour lequel le Ministère de la Marine des États-Unis a déjà alloué une somme considérable).

En poursuivant mon exposé, je dois dire qu’il me fut également permis, en 1936, de participer à l'exposition de Leipzig, même si l’Exposition internationale des inventions qui se déroula dans cette ville, tout en appréciant mes études et en reconnaissant leur caractère innovant, ne l’accepta pas, l'originalité de mon invention étant qu’elle fut la seule à ne figurer que dans des livres, auquel cas le droit allemand ne prévoit pas la brevetabilité, chose que prévoit au contraire la loi française, au point qu’un brevet provisoire me fut délivré dans ce pays. Toutefois, compte tenu de l'intérêt du public allemand pour découvrir cette innovation, la Foire de Leipzig prit la peine de m’admettre dans un autre secteur et de m’accorder pour ce faire des facilités spéciales.

Puis ce fut la guerre, et le soussigné tenta de transposer ses études sur un plan militaire, en parvenant à créer les traducteurs mécaniques de type C et D, c’est-à-dire en reportant le problème sur un plan mécanique et en essayant de créer une nouvelle langue de formation mécanique, le dispositif C fonctionnant comme émetteur, et le dispositif D comme récepteur, ces deux dispositifs devant participer à l'Exposition de la Technique en 1940 ; pour autant, la Ministère de la Guerre s’opposa à cette participation, et je fus appelé à Rome pour apporter des éclaircissements sur mon invention, qui fut reconnue correcte et pour laquelle on m’autorisa à construire l'appareil aux frais de l'état pour les premières expériences, vu que je n'avais pas les capacités financières pour le faire. Naturellement, je fus obligé de garder le silence. Toutefois, en sachant que je n’avais pas les compétences mécaniques pour construire l'appareil et qu’il m’aurait fallu faire appel à des tiers, qui n’auraient pas forcément gardé le secret, j’ai préféré refuser la mission pour ne pas courir de risque, en abandonnant l'invention aux mains du Ministère de la Guerre afin qu'il en fit ce qu’il aurait jugé bon.

Il serait inutile de mentionner ces traducteurs mécaniques de type C et D s’ils n’avaient pas de rapport avec le problème de la traduction électrique, sur laquelle se penchent maintenant les américains, et à laquelle je n'aurais jamais pensé si je n’avais pas été amené à vivre les circonstances indiquées ici.

Lors de la retraite allemande de Salerne, j'eus l'occasion d'examiner de près une machine militaire allemande dénommée « Enigma », dont le nom était écrit sur l'appareil ; celle-ci présentait les mêmes principes que ceux sur lesquels reposait le Traducteur chiffré C-D ; toutefois, non seulement ces dispositifs avaient été perfectionnés, mais le problème que j’avais résolu au plan mécanique était maintenant transposé au plan électrique. En raison des événements, guerre oblige, je ne pus examiner l'appareil allemand que pendant quelques minutes ; toutefois je pourrais en faire une description sommaire et le mettre en relation avec mes traducteurs mécaniques C et D.

Toujours pendant la guerre, je pus élaborer une recherche que j’intitulais Traducteur-mécanique de type E grâce auquel, en utilisant les axes des abscisses et des ordonnées du plan cartésien, je fus en mesure de déterminer d'abord la langue dans laquelle était écrit le texte original, à condition que le texte original fût écrit selon le système des substitutions littérales constantes, en tenant compte des valeurs individuelles des lettres.

J’eus l'occasion d'appliquer cette méthode au bureau de la censure, en traduisant de nombreux documents ainsi rédigés pour plusieurs préfectures, en plus de censurer la correspondance en langues étrangères qui provenait de nombreuses préfectures italiennes, voire de toute l'Italie pour certaines langues.

En 1942, je réalisais une analyse grammaticale automatique, étude approuvée par le présent Conseil des Recherches (avis n° 11095 du 30/10/1942).

Concernant les traducteurs mécaniques, il convient de noter qu’ils rendaient possible uniquement la traduction mais que le processus était extrêmement lent, du fait qu’ils exigeaient l'utilisation constante du vocabulaire, leur potentiel consistant simplement à mettre quiconque dans les mêmes conditions que quelqu’un qui connaîtrait toutes les grammaires étrangères mais aucun mot de vocabulaire. Par conséquent, dans les deux cas, la traduction langue étrangère - langue nationale et langue nationale - langue étrangère se présentait semblable au travail qui devrait être fait pour traduire un texte chiffré dont on connaîtrait la clé de chiffrement. C’est précisément en partant de cette considération que j’ai tenté d'appliquer mes études aux dispositifs de chiffrement (traducteurs mécaniques C et D).

J’ignore si l'État italien aurait un intérêt à savoir si la conception de la machine allemande « Enigma » est originale ou si elle découle de mes études sur les traducteurs mécaniques C et D. Pour autant on devrait pouvoir la reconstruire, soit partiellement soit différemment, puisqu’il serait possible de retrouver le passage de l'état mécanique à l'état électrique que les allemands ont déjà réalisé avec la machine « Enigma ».

Cela étant, les allemands ont été les premiers à exécuter la traduction électrique (entre 1940 et 1943), probablement en la dérivant de ma traduction mécanique C et D. Pour autant le passage de l'état mécanique à l'état électrique (le fait que ce passage résulte ou non de mes études n'ayant aucune valeur pratique) a une valeur par rapport à la création du cerveau électrique nord-américain annoncée ce jour, qui arrive après que j’ai moi-même annoncé la traduction électromécanique italienne.

Entre la transposition au plan électrique réalisée par les allemands et celle annoncée par les américains, il y a cependant une différence fondamentale, qui est la suivante : pour les allemands, comme pour mes traducteurs mécaniques, le problème fut d'appliquer des substitutions littérales sur une même langue en tenant compte des lois mathématiques déterminées par le calcul des probabilités ; le problème peut donc être résolu en appliquant de manière intégrale des concepts physico-mathématiques, au sens où le facteur linguistique avec toute sa fluidité n'influe pas sur le problème lui-même, sans retomber ainsi dans l’erreur de Leibnitz, puisque l’arme physico-mathématique est la seule nécessaire et suffisante pour une résolution intégrale du problème, chose que j’ai personnellement résolue au plan théorico-mécanique, et les allemands au plan électrique.

Or le cerveau électrique annoncé par les américains reflétant plutôt le problème de la traduction de la langue étrangère vers la langue nationale, ils retombent ainsi dans la même erreur que Leibnitz, à savoir que les mathématiques avec leurs modèles et leurs lois rigides sont inadaptées pour suivre la grande fluidité de l’évolution des langues ; je pense en effet que les américains, et avant eux Leibnitz et d'autres savants l'ayant suivi, ne se sont pas posé la question de savoir comment se présentent les différentes langues par rapport à un système mathématique rigide, d’une part sous l’influence de l'école germaine ayant donné origine à Leibnitz et à sa pasigraphie, et de l’autre sous celle des américains et de leur théorie du multiplicateur automatique transposé au plan linguistique (quand bien même je n’ai pas connaissance de ce qu’ont fait réellement les américains, vu qu'ils ne rendront leurs résultats publics qu’en 1950, je peux aisément le calculer, de manière approximative, en me basant sur les informations publiées dans les journaux :

J’extrais du « Giornale du 31 mai » l’article suivant :

« Les surprenantes inventions » : Los Angeles 31/05/1949

M. Harry Huskey, chercheur auprès de l’Institut pour les calculs analytiques, a annoncé l’invention d'un cerveau électrique capable de traduire des langues étrangères.

Sur le fonctionnement de l’appareil, initialement utilisé dans le cadre des recherches mathématiques, le scientifique a déclaré : Pour réussir à traduire les langues, celles-ci doivent être saisies à la machine. Le service des recherches navales a déjà débloqué une somme d'argent considérable pour construire le cerveau.

M. Huskey est certain du bon fonctionnement de sa merveilleuse machine, qui produira une traduction littérale, mot à mot, et il incombera ensuite à l'utilisateur d’interpréter le sens de la traduction.

Le cerveau électrique sera testé au plus tard d’ici un an.

Il ressort de ce qui précède que le problème abordé par le cerveau électrique est celui, et uniquement celui-là, de la traduction de la langue étrangère vers la langue nationale, comme le suggère la phrase : « il incombera ensuite à l'utilisateur d’interpréter le sens de la traduction ». De même qu’il est clair que les américains, comme déjà dit, sont retombés dans la même erreur que Leibnitz, à savoir qu’ils ne se sont pas posé la question de savoir comment différentes langues se présentent en relation à des modèles mathématiques rigides, en particulier puisque la traduction littérale de langues ayant des origines diverses produit des résultats tout à fait incompréhensibles. Par ailleurs, de par son prix considérable, l'appareil américain n’a aucun usage commercial.

Entre-temps le fait suivant est survenu. Ces dernières années, l'auteur soussigné s’était proposé d’accélérer la traduction qu’il avait déjà rendue possible auparavant, mais extrêmement lente. Dois-je rappeler que j’ai aussi été le seul, jusqu'à présent, à aborder la question de la construction différente des phrases (l'autre chercheur italien ayant traité uniquement - et mal - le seul aspect du problème auquel sont confrontés les américains : la traduction littérale depuis la langue étrangère) ainsi que celui - la chose est d’importance - de la traduction de la langue nationale vers la langue étrangère (Traducteurs mécaniques de type B), ces dispositifs, après examen de la part du présent Conseil, ayant participé à l'exposition nationale des inventions de Bari en 1934. J’ai également affronté la question de la traduction électrique, en essayant de répercuter sur le plan de la traduction d’une langue à l’autre la transposition au plan électrique que les allemands avaient réalisé pour la traduction d'une langue donnée en un texte chiffré par le biais de substitutions littérales découlant, comme je l'avais fait au plan théorico-mécanique, de l'application des lois mathématiques relatives au calcul des probabilités.

C’est ainsi que je suis parvenu au Traducteur dynamo-mécanique en trois études : la première étude, livresque, a consisté en un prospectus servant à rendre possible la traduction à l'aide du vocabulaire (auquel il n’est plus nécessaire d’avoir recours de façon constante, mais seulement dans 15 % des cas pour des langues semblables, et dans 40 % pour des langues d'origine diverse) ; entre mars et avril j’ai publié deux petites éditions du Traducteur dynamo-mécanique à l’usage des italiens (français-italien et anglais-italien, plus une autre édition « anglais-français » à l'usage des français), en mentionnant dans les deux dernières publications la traduction dynamo-mécanique intégrale et la traduction électromécanique déjà réalisée. J’ai expédié ces publications par courrier recommandé au Président des États-Unis, dans l'espoir de recevoir un appui pour la construction des électro-traducteurs. Une vingtaine de jours plus tard, j’ai lu dans le journal l'annonce signalée plus haut. J’ignore si le Président américain a transmis pour examen l'étude au principal service compétent (calculs analytiques), et si la personne ayant déjà réalisé le cerveau électrique mathématique a pu immédiatement transposer ma théorie au plan électrique en décidant de son propre chef, ou bien s’ils y étaient déjà parvenus directement sans avoir connaissance de mes études.

La deuxième étape de la traduction dynamo-mécanique introduit le principe du mouvement des mots, il s’agit d’un livre-machine en carton où les mots sont extraits en fonction des mouvements déclenchés de main humaine ; dans la troisième étape (électromécanique), le carton est remplacé par le métal et les mouvements ne sont plus impulsés de main humaine mais par l’électricité.

La traduction dynamo-mécanique dans ses trois stades a été acceptée pour participer à l'exposition-concours internationale des inventions de la Foire de Paris, qui s’ouvre le 16 septembre.

La divulgation au public de la traduction électromécanique italienne précède donc d'un an l’annonce américaine.

Observons que l'Exposition des inventions de Paris accepte également les inventions sous forme de dessins, en se limitant à vérifier l’exactitude des théories qui y sont exposées.

Un certificat de garantie émis par l'Office de la propriété industrielle de Paris est donc en cours de délivrance en faveur de l'auteur soussigné.

Soulignons que l'auteur a aussi déclaré avoir réalisé la transition à l'état électrique du problème de la traduction langue nationale - langue étrangère et se réserve de présenter le tout dès l'année prochaine, toujours dans le cadre de cette même exposition parisienne.

Tous droits sont également réservés pour déterminer si et jusqu’à quel point il est possible de greffer la possibilité de la traduction électrique de sa propre langue vers une langue étrangère quelconque selon la théorie du téléscripteur, ainsi que la possibilité de l'appliquer à des appareils phoniques, afin d’obtenir un jour le résultat suivant : écrire sur un appareil dans sa propre langue et obtenir aussi bien la traduction écrite que parlée à l'étranger. Compte tenu du fait que le problème investi est colossal (pas seulement du point de vue physico-mathématico-électrique mais aussi au plan linguistique, puisque la difficulté fondamentale est celle à laquelle ont jusqu'à présent échappé tous les acteurs impliqués [de Leibnitz et ses disciples aux autres chercheurs, italien et américain], qui consiste à déterminer la position des différentes langues par rapport aux modèles et aux lois physico-électrico-mathématiques rigides, et à éliminer pour le moins la majeure partie desdites difficultés), l’auteur soussigné a demandé qu'une étude linguistique de vaste envergure soit menée, puisqu’elle porterait sur une quarantaine de langues, dès lors que, selon lui, pour étudier sereinement la question, les résultats devraient être pondérés en fonction des considérations découlant de la position qu’ont les différentes langues, pas seulement les unes vis-à-vis des autres, mais aussi vis-à-vis des modèles physico-électrico-mathématiques déjà évoqués.

Sans savoir si sa requête sera prise en considération, le soussigné a quoi qu’il en soit jugé opportun d’exposer ce qui précède au présent Conseil, auquel il se permet de faire observer ce qui suit : 1) la somme considérable que le gouvernement américain a mis à disposition pour la construction du cerveau électrique, qui n'a par ailleurs aucune utilisation commerciale, est inadapté aux objectifs fixés et se rapporte uniquement au sens de traduction langue étrangère - langue nationale ; 2) la construction des traducteurs électromécaniques italiens ne coûterait que quelques dizaines de milliers de lires et non pas des milliards de dollars ; 3) le prix des appareils électromécaniques Italiens serait limité, ils pourraient aussi être fabriqués en série à destination de l'étranger et seraient probablement en mesure de rapporter des sommes largement supérieures aux dépenses investies. Le soussigné est fermement convaincu qu’en impliquant la collaboration de fortes compétences électromécaniques italiennes la possibilité deviendra réelle, dans un avenir proche, d’écrire un texte à la machine en Italie et d’en obtenir la traduction écrite et parlée à l'étranger.

[Blanc]

Federico Pucci (Piazza Malta 3)



* * *

Première réponse du Conseil National des Recherches du 20 juillet 1949 

Réponse du CNR / 20 juillet 1949 - (Prot.) 8774

Faisant suite à votre courrier du 10 juillet courant, nous signalons que votre projet de conception d’un « traducteur électromécanique italien » peut être soumis à l’examen de l'Institut national pour l'examen des inventions, qui dépendait auparavant du présent Conseil et dépend maintenant du Ministère de l'Industrie et du Commerce (Rome, Via S. Basilio 8).

Vous pouvez donc contacter directement ledit Institut en présentant des projets bien définis au plan technique et convenablement illustrés, à même de permettre la formulation d'un avis sur le fond qui, s’il est favorable, pourra déboucher sur une aide adaptée au développement de l’invention.

Le Président / Signé Rolla

* * *

Deuxième courrier de Federico Pucci au CNR, daté 17 octobre 1950 

Protocole n° 7 / 19 oct. 1950

Salerne, le 17/10/1950
Attention Conseil National des Recherches
Rome

Pos. n° 7 Prot. n° 8774 du 20 juillet 1949

Le soussigné, tout en vous remerciant pour la communication visée en objet, se permet de vous faire observer que, suite à la soumission de son dossier, dès juillet 1949, auprès de l'Institut national des inventions, et suite à la présentation de ses dessins à l'Exposition des inventions de Paris (septembre 1949), deux chercheurs, un anglais et un italien, en ont dérivé des inventions qui développent les concepts déjà exposés en cette occasion.

L'Institut des inventions semble donc être d’avis que la priorité scientifique de l'invention reste attribuée à l’auteur soussigné (en se basant sur le dossier n° 11095 dans lequel ledit Institut approuvait l'invention de l'auteur, mais considérait toutefois qu'elle ne pouvait être brevetée car ne se composant que d'un livre et non pas d’une machine, 12 décembre, 1942), tandis que la propriété de l'invention appartient à qui l’a brevetée (janvier 1950).

En revanche, la thèse de l'auteur soussigné est la suivante : puisque toutes les autres inventions sont dérivées de l'invention de base qui a résolu le problème au niveau linguistique et mathématique(*), le nouvel inventeur reste le propriétaire de l'invention dérivée, dès lors qu’il a dû préciser dans sa demande de brevet ce qu'il revendiquait de nouveau, mais il est évident qu’aux termes de la loi il a utilisé toute l'invention de base, à savoir celle qui contenait les solutions linguistiques et mathématiques qu’il n’a pas pu s’approprier, mais qu’il n’a pu utiliser que parce que l'État n’a pas voulu délivrer un brevet au soussigné. Donc s’il a revendiqué comme nouveau et sien tout ce que l'État reconnaît appartenir au soussigné, il a mal fait et son brevet devrait être revu. Il me semble cependant que l'État ne peut pas empêcher le principal inventeur de poursuivre le chemin entrepris, et de dériver des inventions directement de celle qui est fondamentalement la sienne, lui qui a suivi une voie tout à fait originale et conduisant à des résultats non seulement supérieurs, mais aussi exacts, là où les résultats des autres ne le sont pas.

Le nouvel inventeur reste le propriétaire de l’invention dérivée, et l'auteur soussigné, qui a la priorité scientifique, a le droit de breveter sa découverte, qui suit le cheminement principal et tous les développements ultérieurs, d'autant plus que le soussigné ne fait que mettre en mouvement les pages du livre qui réalisait l'invention fondamentale.

Dans sa demande de brevet pour la partie non électrique, l'auteur soussigné – qui a pris au préalable des accords avec l'Académie universelle des auteurs et des inventeurs, Rome, Via della Conciliazione 4, pour qu'elle soumette sa demande à l'Office des brevets – a également présenté un certificat de garantie attestant sa participation à l'Exposition des inventions de Paris en 1935.

Et puisqu’il participa en 1934 à l'Exposition nationale des inventions qui fut organisée à la Foire du Levant, après examen de son projet de la part du présent Conseil, il demande s’il est possible, afin de renforcer son antériorité scientifique, de retrouver dans les archives du présent Conseil trace de l’approbation du Traducteur mécanique, l'invention pour traduire les langues sans les connaître, puisque l’avis reçu en son temps ne mentionnait que l’approbation obtenue, sans préciser toutefois l'invention.

Je vous remercie d’avance pour votre patience.

Federico Pucci, Piazza Malta 3 - Salerne
(*) les machines conçues autant par l'auteur soussigné que par d’autres ne font qu'accélérer la possibilité traduisante, qui a été réalisée intégralement et exclusivement par le soussigné, et toutes les machines reproduisent dans son intégralité l'invention que l’on n’a pas voulu breveter en 1942 en faveur de l'auteur, tout en en reconnaissant l’exactitude.

* * *

Deuxième réponse du Conseil National des Recherches du 27 octobre 1950

Réponse du CNR / 27 octobre 1950

Secrétariat général
Prot. n° 011094 / 19 oct. 1950

Faisant suite à votre courrier du 17 octobre courant, nous vous répétons que l'Institut national pour l'examen des inventions et ses archives dépendent à présent du Ministère de l'Industrie et du Commerce.

Pour ce qui est des demandes mentionnées dans votre courrier, vous devez donc les soumettre directement audit Institut.

Le Président / Signé Morelli

* * *

À suivre…
 

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